I Pucci e l’Annunziata: i contratti,
i legati e la convenzione del 1493
Nella seconda metà del quattrocento, una contesa del convento della SS. Annunziata con la famiglia Pucci di Firenze ebbe vita lunga e fu abbastanza travagliata.
La materia della disputa era l’esecuzione dei contratti (1464, 1467, 1475) stipulati con il convento da Antonio Pucci, uno dei potenti della città, amico di Cosimo il Vecchio de’ Medici, e riguardanti anche la progettata costruzione di cinque case sulla Piazza (oggi palazzo Grifoni). Ovviamente nel tutto avevano la loro parte il denaro speso, promesso e da spendere, e il potere, ai quali si mescolava una certa una dose di puntiglio.
La contesa ebbe fine nel 1493 con una convenzione della quale parla in sunto pure il p. Filippo Tozzi nelle sue Memorie del secolo XVIII (pubblicate nel 2010). Si trova come trascrizione in latino presa dai rogiti del fu Bernardo del fu Domenico dei Vermigli e datata 13 dicembre. Ebbe come testimoni Bernardo aromatario e Francesco di Michele di Giusto da Panzano. Furono presenti e elencati anche 40 frati , cioè:
1. Maestro Cristoforo di Colo prior ordinis (nel 1493 era deceduto).
2. Maestro Filippo di Martino del Castellano
3. Maestro Giovanni Battista di Marco da Firenze
4. Maestro Geremia di Antonio da Brescia
5. Fra Gabriele di Lotterio da Firenze
6. Fra Filippo di Paolo da Firenze
7. Fra Michele di Cambio da Firenze
8. Fra Paolo di Giovanni dalla Francia
9. Fra Stefano di Niccolaio da Firenze
10. Fra Zaccheria di Lorenzo da Firenze
11. Fra Stefano di Giuliano da Milano
12. Fra Angelo di Protasio da Milano
13. Fra Ippolito di Iacobo da Milano
14. Fra Battista di Biagio da Firenze
15. Fra Silvestro di Silvestro da Firenze
16. Fra Giovanni Angelo di Ilario da Firenze
17. Fra Pietro di Antonio da Firenze
18. Fra Andrea di Giovanni dalla Francia
19. Fra Marco di Domenico da Firenze
20. Fra Giuliano di Michele da Firenze
21. Fra Mariano di Giovanni da Firenze
22. Fra Cornelio di Guidone da Firenze
23. Fra Paolo di Tommaso di Castelnuovo
24. Fra Alessandro Bartolomei di Firenze
25. Fra Rocco di Damiano da Cremona
26. Fra Antonio di Giovanni di Alemannia
27. Fra Taddeo Guidei de Firenze
28. Fra Leonardo di Cristoforo da Firenze
29. Fra Vincenzo di Domenico da Firenze
30. Fra Benedetto di Iacobo da Firenze
31. Fra Piero di Francesco da Firenze
32. Fra Antonio di Frediano da Arezzo
33. Fra Niccolaio di Antonio da Arezzo
34. Fra Gaudenzio di Francesco da Firenze
35. Fra Tommaso di Masino da Firenze
36. Fra Raffaele di Piero da Firenze
37. Fra Alessio di Ottaviano da Firenze
38. Fra Angelo di Angelo da Firenze
39. Fra Andrea di maestro Angelo da Bologna
40. Fra Francesco di Francesco da Firenze.
Dopo la lista seguono le disposizioni alle quali si dovevano attenere Lorenzo e Roberto figli eredi di Antonio Pucci, secondo i contratti e convenzioni sopra citati rogati da ser Giovanni di Francesco Neri.
– In particolare i due fratelli erano tenuti a far celebrare le feste di San Zanobi, di Sant’Antonio da Padova e di San Francesco, come sarebbe piaciuto e sembrato opportuno ai priori del convento pro tempore.
– I frati inoltre confessarono ai due Pucci di avere adempiuto e soddisfatto il testamento di Antonio “maxime” per un legato di 30 lire da dare al monastero per un ufficio per l’anima sua, in quanto avevano corrisposto ai fratelli 100 fiorini per comprare beni immobili (per avere la rendita).
– Per i paramenti invece erano i Pucci che dovevano spendere 73 fiorini di suggello e accordarsi quando i religiosi li avessero comprati di propria iniziativa per una somma di 57 lire.
– In aggiunta Antonio era rimasto debitore del convento “de certis legatis”, senza specificarli.
– Da parte loro i frati avrebbero dovuto promettere a Lorenzo e Roberto di osservare tutto il contenuto del testamento e della convenzione.
– E, riguardo alla “domus alias domui Annuntiatae” fatta costruire da Antonio per dote della cappella di San Sebastiano – l’unica delle cinque progettate, dopo tanto denaro speso e/o promesso –, questa si poteva concedere alle suore che avessero voluto iniziare ad abitarla e erigere e fondare un monastero, ma lo stemma dei Pucci sarebbe dovuto rimanere sempre affisso nella parete esterna sopra un angolo.
– E quando le monache avessero lasciato il monastero, questo doveva essere concesso a persone laiche e chi teneva la casa avrebbe dovuto con ogni suo “muramento” girarla “ad domum Annuntiatae et stare pro dote” della cappella “sicut ad praesens est”.
– Roberto quindi prese l’impegno a nome proprio e dei fratelli Giannozzo e Piero, di assolvere il testamento della madre Piera (Manetti) e in particolare il suo lascito di 25 fiorini fatto ai frati di San Marco con la condizione di far celebrare 30 messe per l’anima sua in un unico giorno dell’anno. Essendo la donna sepolta nella cappella di San Sebastiano dell’Annunziata, e volendo soddisfare la volontà di lei, Roberto promise di pagare i 25 fiorini ai frati dei Servi che si si sarebbero dovuti obbligare, a partire dal mese di marzo prossimo futuro, a cantare una messa dei morti nella cappella in perpetuo “cum fratribus dicti conventu et candelis et cera”, secondo le consuetudini loro “cum capita et pallio et candelleriis”. I frati inoltre avrebbero dovuto comunicare a Giannozzo, Piero o a altri discendenti quando sarebbe avvenuta la celebrazione.
In fondo alla convenzione si ricorda che a queste cose intervenne fra Antonio da Bologna priore generale “in utilitate domus et monasterii ...”.
Paola Ircani Menichini, 9 ottobre 2022.
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